Due facce della stessa medaglia
Il valore doganale delle merci è un elemento fondamentale per il corretto svolgimento degli scambi internazionali.
In un rapporto transfrontaliero, l’evento “importazione/acquisto” si riflette sia sulla fiscalità doganale del compratore (con dazi e altre imposizioni tributarie nazionali applicate sul valore dichiarato della merce) che sulla determinazione ai fini delle imposte dirette.
Quando poi il rapporto transfrontaliero coinvolge due soggetti collegati, ci sono ad esempio più imprese dello stesso gruppo societario ubicate in diversi Paesi, si impone l’analisi dei prezzi di trasferimento, per verificare e controllare che nelle operazioni interne al gruppo non vi siano transazioni finalizzate a trasferire utili in Paesi esteri.
Punti di riferimento per la transfer pricing policy sono le linee Guida dell’OCSE Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, a cui si attengono operatori privati ed amministrazioni fiscali nei Paesi membri OCSE.
Le istruzioni per la determinazione del valore doganale hanno invece il loro fulcro nell’Accordo GATT WTO, General Agreement on Tariffs and Trade del World Trade Organization, ripreso nei contenuti sul valore, da ultimo, dal Codice Doganale dell’Unione Reg. UE 952/2013 e relativi Regolamenti Delegato e di Esecuzione, Reg. UE 2446/2015 e Reg. UE 2447/2015.
Per le importazioni poste in essere in Paesi aderenti all’Accordo WTO, il fulcro di ogni dichiarazione doganale è il valore di transazione, base per il sistema di tassazione ad valorem, al netto degli aggiustamenti previsti dallo stesso Accordo e dalla normativa che ne deriva.
I rapporti che implicano il passaggio di una dogana e sono intrattenuti da soggetti collegati sono dunque sensibili sia al transfer price (fiscalità diretta) che al valore doganale (fiscalità indiretta).
Emergono due prospettive di valutazione, diverse per genere e finalità, di cui è necessario il coordinamento al fine di ottemperare alle opposte pretese delle Entrate e delle Dogane.
Può essere infatti che un’idonea e accurata politica da una parte non assicuri un’altrettanto idonea esposizione dall’altra.
Ciò è chiaro se pensiamo alle diverse aspettative delle Autorità fiscali delle Entrate e delle Dogane, dove per le Entrate il costo sostenuto dal compratore deve essere ragionevolmente basso, per evitare il trasferimento di utili in Paesi a fiscalità agevolata e non incidere negativamente sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette. Per le Dogane, invece, il valore doganale deve essere ragionevolmente alto per poter determinare una più ampia base imponibile cui applicare l’aliquota daziaria di riferimento.
Lo stato dell’arte: il Codice Doganale dell’Unione
Nel sistema del Reg. UE 952/2013, in vigore dal 1° maggio 2016 e che ha abrogato il codice doganale comunitario Regolamento (CEE) n. 2913/92, il criterio primario per la determinazione del valore in dogana delle merci importate è rimasto, in completa armonia con il GATT WTO, il valore di transazione, inteso ex art. 70 CDU “il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale dell’Unione, eventualmente adeguato.”
Nel caso di vendite consecutive, il riferimento al valore di transazione è “…sulla base della vendita avvenuta immediatamente prima che le merci venissero introdotte” nel territorio doganale (art.128 Reg. 2447/2015), con disposizioni specifiche per i casi di merci in regime sospensivo dal pagamento di diritti doganali.
Una delle novità rilevanti del Codice è l’inclusione negli elementi da addizionare al valore dei diritti di licenza (art. 71, par. 1, lett c) CDU), “relativi alle merci da valutare che il compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagare come condizione per la vendita delle merci da valutare, nella misura in cui detti corrispettivi e diritti di licenza non siano stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare”
Nel complesso panorama normativo che regola gli scambi internazionali, in specie riguardo il profilo del valore in dogana degli accordi di trasfert pricing, interviene la Corte di Giustizia dell’Unione Europea CGUE, con sentenza del 20 dicembre 2017, C-529/16 , su rinvio per domanda del Tribunale Tributario di Monaco, con pronuncia pregiudiziale.
La CGUE garantisce infatti che il diritto dell’Unione Europea venga interpretato ed applicato nello stesso modo in ogni Paese Membro, a garanzia che Paesi ed istituzioni europee rispettino la normativa, e che i tribunali dei diversi Paesi non diano interpretazioni differenti.
Il preliminary ruling della Corte di Giustizia
I fatti
Una società tedesca, filiale di gruppo giapponese che distribuisce dispositivi, sistemi e accessori optoelettronici, acquista dalla controllante nipponica merci importate per le quali sono stati fatturati dalla stessa i prezzi praticati all’interno del gruppo.
Vige un accordo preventivo di trasferimento tra tale gruppo di società e le autorità fiscali tedesche, in base al quale la somma degli importi fatturati alla società tedesca da parte della controllante è periodicamente verificata e, se del caso, corretta, per garantire la conformità dei prezzi di vendita al criterio della piena concorrenza previsto dalla linee guida OCSE, orientamenti sui prezzi di trasferimento per le imprese multinazionali e le amministrazioni fiscali.
Il criterio utilizzato nel caso di specie è quello della «ripartizione degli utili residui», conforme agli orientamenti OCSE.
Tra il 2009 e il 2010 vengono importati i prodotti di oltre 1000 spedizioni della controllante, dichiarando quale valore in dogana il prezzo fatturato alla società tedesca.
In seguito all’adeguamento dei prezzi di trasferimento operato ex post, l’azienda tedesca chiede il rimborso dei dazi doganali per le merci importate, per euro 42.942,14.
L’Ufficio doganale principale di Monaco rifiuta di procedere al rimborso, la società impugna tal decisione dinnanzi al Tribunale tributario di Monaco.
Il Giudice sospende il giudizio e pone alla CGUE due questioni:
– se gli art. 28 e seguenti del codice doganale, Reg. (CEE) n. 2913/92, consentano di indicare come valore in dogana, con l’applicazione del criterio di ripartizione degli utili, un prezzo di trasferimento concordato costituito da un importo inizialmente fatturato e dichiarato, e da un adeguamento forfettario compiuto dopo la fine del periodo di fatturazione, e in caso positivo
– se le rettifiche successive (alle operazioni doganali) nel prezzo possano essere fatte valere anche per una rideterminazione del valore in dogana.
Le considerazioni della CGUE
Nella soluzione della prima questione la Corte osserva che, secondo giurisprudenza costante, il diritto dell’Unione in materia di valutazione doganale mira a stabilire un sistema equo, uniforme e neutro che escluda l’impiego di valori in dogana arbitrari o fittizi. Il valore in dogana deve dunque riflettere il valore economico reale di una merce importata e tener conto di tutti gli elementi di tale merce che presentano un valore economico.
Esso è costituito dal valore di transazione, ossia dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci quando siano vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale dell’Unione, fatte salve, tuttavia, le rettifiche da effettuare conformemente al codice doganale. Dunque, in via prioritaria, vale il metodo cosiddetto «del valore di transazione», conformemente all’art. 29 del codice doganale. Solo qualora il prezzo effettivamente pagato o da pagare per i beni venduti per l’esportazione non possa essere così determinato, si può ricorrere ai metodi alternativi previsti in sequenza dal codice.
Se il prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci costituisce, generalmente, la base del calcolo del valore in dogana, tale dato deve eventualmente formare oggetto di rettifiche qualora tale operazione sia necessaria per evitare di determinare un valore in dogana arbitrario o fittizio.
Il codice doganale consente all’autorità doganale di procedere, d’ufficio o su richiesta del dichiarante, alla revisione della dichiarazione. Tuttavia, i casi in cui la Corte ha ammesso un adeguamento ex post del valore di transazione sono limitati a situazioni specifiche riguardanti, ad esempio ad un difetto di qualità del prodotto o vizi rilevati successivamente alla sua immissione in libera pratica, come
– diminuzioni imprevedibili del valore commerciale della merce, o
– vizio nascosto delle merci dimostrato sussistente prima della loro immissione in libera pratica e che ha originato successivi rimborsi in forza di un obbligo contrattuale di garanzia, circostanza idonea a comportare una successiva riduzione del valore in dogana di tali merci.
La decisione
La prima questione viene risolta dichiarando che gli articoli da 28 a 31 del codice doganale devono essere interpretati nel senso che non consentono di prendere in considerazione, come valore in dogana, un valore di transazione concordato costituito, in parte, da un importo inizialmente fatturato e dichiarato e, in parte, da un adeguamento forfettario operato dopo la fine del periodo di fatturazione, senza che sia possibile sapere se, al termine del periodo di fatturazione, tale adeguamento sarà operato al rialzo o al ribasso.
La seconda questione non necessita di risposta in quanto posta solo per il caso di soluzione affermativa della prima.
Conclusioni
Gli accordi relativi al trasfert pricing, anche se avvalorati dall’Amministrazione fiscale, nei rapporti con l’Autorità doganale non hanno necessariamente rilievo ai fini della determinazione del valore della merce.
L’aspetto doganale va valutato distintamente, e sebbene le valutazioni doganali e i metodi trasfert pricing abbiano dei punti in comune, non è affatto scontata la connessione e l’aderenza reciproca dei due profili.
A ciascuno il suo ruling
Il Codice Doganale dell’Unione, Reg. UE 952/2013, vanta una novità, rappresentata dall’ultima parte della definizione del valore di transazione elaborata dal nuovo CDU (art. 70, cit.) con l’aggiunta delle parole: “eventualmente adeguato”.
Con tale ultimo inciso e con la semplificazione introdotta dall’art. 73 CDU (nei casi in cui il valore non sia quantificabile al momento dell’importazione) si prospetta ora la possibilità di richiedere in dogana, non solo la forfettizzazione degli elementi del valore (elencati negli artt. 71 e 72 CDU) ma anche del valore di transazione inteso in generale, quale pagamento in totale effettuato a beneficio del venditore (così l’art. 70 par. 2 CDU).
Su tale interessante strumento, che ha naturalmente determinate condizioni soggettive e oggettive, l’Agenzia delle Dogane ha già emesso istruzioni agli operatori interessati, con la circolare n. 5 del 21.04.2017.
Doganalista Barbara Satulli